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SPAZIO OBERDAN

Spazio Oberdan
28 Ottobre 2005 - 26 Febbraio 2006

Gli artisti si sono sempre valsi di tutte le tecniche disponibili, le più aggiornate. Arte e tecnica sono sempre state un binomio inscindibile: così stretto che i greci non disponevano che di una parola per indicarle entrambe: appunto techne. E Techne è, dal 1999, l'appuntamento biennale che Milano dedica ai rapporti fra arte e tecnica. Per documentare, e godere, dell'uso creativo, innovativo, sorprendente e poetico che gli artisti sanno fare delle tecniche, anche le più aggiornate. Anche, e oggi soprattutto, di quelle digitali. Regalandoci così un viaggio appassionante nel mondo delle immagini: non solo per contemplarle, ma anche per immergervisi, per giocarci, per sperimentare gli intrecci tra visione, ascolto e azione.
Lo Spazio Oberdan ospita un aggiornato panorama internazionale della videoinstallazione, che va dalle esperienze più classiche a quelle più estreme, ma sempre con la capacità di proiettare l'immagine "oltre lo schermo", e di creare, insieme al piacere della visione, brillanti e solide innovazioni linguistiche.

Bill Viola, Ascension

Bill Viola, uno dei videoartisti internazionali più conosciuti e amati dal pubblico, presenta una videoinstallazione inedita per l'Italia di grande rigore e semplicità. Ascension, come molte delle sue ultime opere, è un ambiente totale che avvolge lo spettatore con l'immagine e il suono. Quel corpo fluttuante nell'acqua ci rende incerti, incapaci di comprendere se sia vivo o morto, ma la nenia del movimento e del suono ci cullano e quasi ci ipnotizzano. E l'improvvisa conclusione ci riporta all'eterno ciclo della vita e della morte.

Agon, Phases

Phases, ovvero: come il comportamento del visitatore può modificare l'opera. Il ritmo dei movimenti delle diverse immagini della danzatrice viene alterato dalla maggiore o minore vicinanza dello spettatore al singolo monitor. Il movimento dello spettatore, quindi, genera differenza, e la differenza, di rimando, genera autocoscienza. Una raffinata proposta del gruppo AGON, che da 15 anni ricerca nuovi parametri della rappresentazione musicale integrando musica, immagine e teatro.

Alessandro Amaducci, Spoon River

"Dormono, dormono sulla collina". In questa installazione di uno dei più attivi e prolifici tra i videomaker italiani, viene ricostruito, in modo stilizzato ma preciso, il mondo della vita quotidiana di sei dei personaggi dell'Antologia di Spoon River. La reinterpretazione di Amaducci non mette in ombra il testo poetico di Edgar Lee Masters, ma lo integra con le immagini e con le ambientazioni, alla ricerca di quella "antica contemporaneità" che da sempre costituisce il fascino di quest'opera.

Antonella Bussanich, Il mondo d'oggi

Viaggio fra gli adolescenti d'Europa alla ricerca di risposte fulminanti (e forzatamente non conclusive) a una improvvisa domanda, questa installazione è dominata da figure e pratiche di circolarità. Chiedendo a ogni giovane "Qual è la prima parola che ti viene in mente quando pensi al mondo d'oggi?", l'artista italiana trapiantata in Francia non intendeva tanto chiedere pareri o suscitare dibattiti, quanto, dichiara lei stessa, "stabilire con lo sguardo un contatto, anche breve, col mio soggetto".

Mario Canali, M.OTU - Virtual Sumo

Ultima tappa di una ricerca sull'interattività sensoriale e corporea che l'artista prosegue da 15 anni, questa installazione (appositamente progettata da Mario Canali per Techne) crea una situazione in cui l'inconscio è più importante dell'intenzionalità. Nella ricostruzione virtuale dello sport nazionale giapponese, infatti, il sensore registra lo stato emotivo dei contendenti: è il computer, così, che si assume quel compito interpretativo dei segnali corporei che, nello sport reale, è svolto dagli stessi lottatori.

Techne quest'anno prevede una "personale " di Mario Canali all'Arengario di Monza, dal 7.03.2006 al 14.05.2006.

Luiz Duva, Demolizione

In questa videoinstallazione interattiva del videoartista e vj brasiliano Luiz Duva è al lavoro una logica che va al di là del puro divertimento. Lo schermo in fondo alla stanza si rivela un muro, in cui si aprono degli squarci sempre più larghi ogni volta che un visitatore preme il pulsante rosso, sino alla sua totale demolizione. Dietro alla superficie della proiezione, ci suggerisce Duva, è possibile pensare un volume: lo schermo esiste solo per indicarci ciò che sta al di là.

Terry Flaxton, The Dinner Party (Il pranzo)

con la collaborazione del British Council

Anche Terry Flaxton, instancabile e versatile cineasta inglese, dà il suo contributo alla decostruzione del video con questa installazione arguta e paradossale. Snobbando l'interattività "canonica", l'artista rifiuta l'oggetto "schermo" inteso in modo tradizionale e lo sostituisce con un vero tavolo, con tanto di piatti; poi invita lo spettatore a emulare i gesti dei commensali virtuali, aiutato da una millimetrica proiezione dall'alto. Sino al finale sconcertante e imprevedibile.

media_FORMASUONO, Capriccio spaziale

Eccoci nel regno della pura sinestesia (cioè dello scambio e della sintesi tra esperienze sensoriali diverse). "La domanda da porre a chi ascolta non è 'cosa senti?', ma 'cosa vedi?'", così scrive Francesco Rampichini, inventore del termine "acusmetria" e autore (con Ettore Lariani e Marco Maiocchi) di questa installazione. Visitando la quale saremo condotti a "vedere" e a "disegnare" i suoni, attraverso un codice ingegnoso ma immediato che ad essi associa delle forme geometriche.

Andreas Sachsenmaier, L'ultima cena
in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand e con il contributo della Grohe Water Technology

Questa installazione è un bell'esempio di una modalità (o di un genere) squisitamente tedesco. Noi diciamo "perturbante", loro dicono "unheimlich", cioè "non familiare": nel senso, come spiegò Freud in un celebre saggio, che in un'immagine o una situazione che ci pare di conoscere bene si insinuano degli elementi estranei. L'ultima cena: il tavolo è quello, lo sfondo e la prospettiva sono quelli. Ma da dove vengono i personaggi? Cosa vogliono dirci queste signore così televisive? E cosa racconta quella voce fuori campo?

Studio azzurro, Dove va tutta 'sta gente?

Non bussano educatamente, non chiedono con le buone maniere. Si accalcano, premono, vogliono entrare. Immagini scioccanti che inducono a riflettere. Tutti i confini, suggerisce Studio azzurro, sono rimessi in discussione in questo momento della storia del mondo, quelli fisici fra le nazioni e i popoli come quelli immateriali fra il naturale e l'artificiale. E così, questa installazione ci racconta destini e desideri di popoli che si scontrano, in una delle più intriganti metafore dell'era della globalizzazione che l'arte abbia prodotto.